L’accelerazione della digitalizzazione ha permesso che molte attività fossero spostate dal mondo reale a quello virtuale.
Quello che non è cambiato è l’incontro tra il tutor e il beneficiario di microcredito, in quanto è rimasto l’unico momento di un’interazione umana imprescindibile che non può essere tradotto in forma digitale, o meglio, seppure utilizzando nuovi strumenti di incontro virtuale, la necessità di valutare attraverso l’interazione umana le capacità imprenditoriali del soggetto restano un momento necessario e non convertibile del processo di microcredito.
L’attività umana, lo scambio di esperienze, tra tutor e beneficiario nel modello ENM è fondamentale e precorre la digitalizzazione dei processi finanziari che rende il modello vincente, determinando quindi una contaminazione tra due attività che possono non solo coesistere ma soprattutto indirizzare l’azione in senso positivo nella costituzione di un’impresa. Il compito dell’ENM è quello di sostenere quelle fasce di popolazione che sono in difficoltà.
Il compito è anche quello di non lasciare indietro nessuno, o meglio di portare fuori da quelle risacche di inerzia lavorativa e sociale quei soggetti borderline, in grado di costruire un proprio futuro economico attraverso un’idea di impresa, sostenendo il loro progetto attraverso la “mano pubblica”, offrendo loro le garanzie che non hanno per realizzare un progetto, sostenendo la loro formazione economica e finanziaria attraverso gli strumenti propri della microfinanza.
In conclusione con questo meccanismo creare un’impresa, il profitto, non diventa solamente una esclusività dell’individuo che la propone ma lo strumento utile a tutti coloro che vi partecipano direttamente o indirettamente per uno sviluppo sociale con effetti di lungo termine.
Creare un’impresa dunque, anche attraverso il microcredito, diventa un’attività collettiva.
Fabio D’Amora